“È importante che il mondo sappia quello che sai fare” è la prima frase che si legge quando si apre la web app di Polywork, il social network professionale a cui “sta stretto” il fatto di avere la propria persona centrata in un’unica posizione lavorativa, quando, come ripete diverse volte, tutti noi siamo in realtà dei multiplayers.
Cos’è Polywork e qual è il suo scopo
Polywork nasce dall’idea dell’ex googler e fondatore di Lystable/Kalo, Peter Johnston, di voler creare un social network professionale dove l’unica e corrente posizione lavorativa non fosse il centro di tutto, come spiega in un articolo da lui stesso scritto.
Il social è stato lanciato ad aprile di quest’anno e già a maggio ha ricevuto un seed round (la prima fase in cui l’imprenditore di una startup cerca e raccoglie fondi, detti anche seed capital) di 3.5 milioni di dollari, come racconta Tech Crunch, da Caffeinated Capital di Ray Tonsing (noto per essere il primo investitore di Clubhouse, Airtable e Brex), assieme al founder di YouTube (Steve Chen), Twitch (Kevin Lin), PayPal (Max Levchin), VSCO (Joel Flory), Behance (Scott Belsky), e Worklife VC (Brianne Kimmel); solo alcuni della lunga lista di angels.
Secondo Johnston, gli esistenti network professionali, come il più noto LinkedIn, falliscono nel presentare chi siamo davvero, in quanto scindono eccessivamente l’identità personale da quella professionale, ma soprattutto si ostinano a ridurre tutto ad un unico job title quando invece noi siamo diverse cose, contemporaneamente. La dimostrazione arriva se si prova ad aggiungere diverse posizioni lavorative aperte contemporaneamente su LinkedIn, dopo un po' apparirà il messaggio che per avere un profilo efficace bisogna riassumere il proprio ruolo, ovvero inserendo un solo titoletto sotto il nome.
Esattamente il contrario è quello che cerca di fare Polywork sin dall’inizio. Dopo l’accesso viene chiesto di selezionare diversi badge, potenzialmente infiniti, per descrivere completamente chi siamo, e attenzione, non ci sono solo ruoli aziendali limitati. Infatti, non è difficile trovare badge stravaganti come “start wars lover”, “ADHD” o “attivista”. La parte più interessante è probabilmente la possibilità che gli utenti hanno di aggiungere, inventandoli, dei badge a seconda dell’esigenza o del puro gusto. Ma a cosa servono? È presto detto.
Come funziona Polywork
Proseguiamo con ordine, come si accede a Polywork?
Per il momento esiste solo la web app e per entrare ci sono due opzioni: mettersi in lista di attesa oppure possedere un vip code. È presente quindi il meccanismo degli inviti come in Clubhouse, la differenza è che Johnston ha imparato la lezione: gli inviti sono facilmente ottenibili sul gruppo Twitter della startup stessa.
Atterrati sulla piattaforma, la prima schermata che si presenta davanti è molto colorata di un viola sgargiante e con una sorta di cartoni animati in 3D attorno al testo. Man mano che si scorre con il mouse vengono presentate diverse interfacce, per ognuna, a tutto schermo è presente un’animazione affiancata da una spiegazione testuale di diverso tipo: domande retoriche, concetti che ricalcano quanto detto poco fa riguardo il perché della piattaforma, cos’è effettivamente Polywork, perché è diverso dagli altri e che vantaggi può offrire.
L’accesso è semplice, una volta inserite le credenziali chiede quale, tra i quattro assistenti virtuali disponibili, desideriamo, scegliendo quello che ci è più affine (ognuno ha una breve descrizione della personalità). Dopodiché è possibile aggiungere un racconto della nostra persona e, la feature principale, cominciare a scegliere i tag che appariranno sotto la nostra immagine e nome del profilo, per descriverci. Come indicato prima, è possibile inserire davvero di tutto: ti piace leggere? Selezioni un badge, sei un genitore? Ne selezioni un altro, sei stato ospite in un podcast? Selezioni pure quello. Insomma, davvero tutti i tipi, talmente tanti che ne esiste uno “troppi badge”.
Il loro scopo, oltre a descriverci al meglio, lo si comprende quando ci si clicca sopra: vengono mostrate tutte le persone che lo possiedono, quindi se si volesse trovare un consulente, un freelance, una persona che abbia una determinata skill utile per un progetto, sarebbe molto semplice trovarla.
Ma non finisce qui, anche la creazione dei contenuti, i cosiddetti highlights, viene facilitata proprio dalla categorizzazione degli stessi secondo l’utilizzo dei badge. Se ad esempio si desidera condividere l’aver fatto una live su Twitch, si inserisce il badge “delivered a livestream” con sotto la descrizione come in un normale post. I diversi post nel loro complesso sono organizzati temporalmente come in una timeline nella quale si possono aggiungere anche eventi passati, precedenti alla creazione della piattaforma.
A completare il profilo, infine, vi sono il numero di followers e i seguiti, le posizioni lavorative e i link ad altri canali o al sito web oltre alla possibilità, in alto a destra, di visualizzare e rispondere ai messaggi ricevuti. Mancano, invece, i like e i commenti.
Cosa è possibile fare attualmente
In alto a sinistra c’è la possibilità di giungere a due diverse pagine al di fuori del proprio profilo.
La prima è il multiverso, una sorta di pagina “esplora”, ma con ulteriori features. Al suo interno si possono trovare alcune persone seguite, la sezione “cosa stanno facendo tutti” con diversi tag cliccabili per vedere i post solo di quella categoria (moltissime sono ancora vuote), visualizzare l’elenco dei tag in trend, e infine, feature particolarmente interessante, visualizzare degli “annunci” di persone che sono disposte a svolgere le attività indicate, ancora una volta, con una serie di badge selezionati.
La seconda, e anche ultima pagina presente, è quella della stazione spaziale, il più recente aggiornamento in cui è possibile collaborare più facilmente con le persone per le più disparate attività: assumere, trovare un co-founder, trovare il collaboratore per un progetto. In questa sezione, infatti, sono presenti tutte le persone, suddivise per categorie a seconda della disponibilità, che è possibile contattare per qualsiasi ragione: dalla creazione di contenuti al fondare una startup, da trovare un mentore a fare volontariato.
Conclusioni, cosa potrà diventare?
Polywork è sicuramente una piattaforma interessante, dinamica e anche un po' ribelle in cui molte persone potrebbero trovare la loro “casa digitale” data la facilità con cui si crea un portfolio e si accolgono nuove opportunità. Allo stesso tempo però, è ancora un po' acerba e scarsamente conosciuta (non ha rilasciato dati sul numero di utenti ma è sufficiente girarsi un po' intorno per comprendere che non ne parlano ancora in molti). Tuttavia, le premesse sono buone e le potenzialità per crescere ci sono. Andando a formare l’anello mancante tra Twitter e LinkedIn, riuscirà a farsi largo in questo mercato ultra-competitivo, o sarà l’ennesima piattaforma flop che vuole sfidare le Big come è successo alla recente Clubhouse? Lo scopriremo solo con il tempo, intanto, i nerd del digitale ci stanno già sguazzando dentro.
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